Scuole: Piccole fiabe per grandi guerrieri al liceo.
«Perché ti sei ammalato?» un ragazzo me lo chiede tutto d’un fiato, senza badare troppo alla forma. Abbiamo finito il nostro incontro, siamo soli, nella confusione dei selfie e dei saluti.
Cincischio un po’, nessuno mi aveva mai chiesto una cosa del genere.
“Perché mi sono ammalato?” La mia dottoressa darebbe la colpa ai geni ereditati da mio nonno, ma non credo gli basti.
«Non so…» prendo tempo. «Forse era Destino.»
Questa volta è lui a guardarmi strano, a non capire.
«Cioè» dice poi. «Non è per i rifiuti tossici?»
Scuoto la testa, ma mai quanto la sua domanda ha scosso il mio mondo.
DNA, Destino sono cose lontane dal suo mondo, quanto le bombe ecologiche sono lontane dal mio.
Non sto parlando di terra dei fuochi, le mie pagine non sono il luogo adatto per farlo. Sto parlando solo di me e di lui e di percezioni del pericolo.
Che si tratti di DNA o Destino io ho sempre pensato al cancro come un’ombra che macchia l’anima, una sorta di ombra di Peter Pan attaccata al nostro essere, ma della quale ci possiamo liberare, crescendo interiormente e resistendo alla violenza delle cure, rintanandoci a riprendere le forze nel nostro rifugio sicuro: casa.
Nella sua visione del cancro, al contrario, non c’è anima, non c’è filosofia. Il cancro per lui è qualcosa di molto più terreno, nel senso più stretto del termine, perché a farti ammalare è proprio quel nido dove io vado a ristorarmi, quel nido che tutti chiamiamo casa.
Allora, sono rimasto interdetto perché avere il cancro nel Destino non è bello, ma avercelo dentro casa… Come si vive in un luogo che temi ti possa far ammalare da un momento all’altro?
Allargare e stringere i polmoni agli allenamenti di calcio, temendo che ogni respiro di troppo possa sconvolgere la tua vita… Come si cresce così?
La risposta me l’hanno data i nostri sguardi.
Ci sorridiamo per l’incomprensione, facciamo spallucce.
Come si cresce così? Come cresco io col cancro incollato all’anima.
Senza porsi troppe domande.
Senza mai fermarsi, senza avere paura.
Continuando a sognare.
Continuando a sperare, insieme.
Perché solo insieme si può.
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